Valore dell’olivicoltura nell’UE
L’olivo è da secoli una delle coltivazioni maggiormente coltivate nel bacino del Mediterraneo.
Le olive hanno fatto la storia, dalla Mesopotamia alla Grecia, dagli antichi romani al Medioevo, fino ad arrivare ai giorni nostri; utilizzato sia per fini alimentari che curativi, è stato il simbolo delle culture mediterranee.
Ad oggi l’Unione europea è il maggior produttore, consumatore ed esportatore di olio di oliva.
L’olivicoltura europea conta circa 4 milioni di ettari, dove l’UE produce circa il 67% dell’olio di oliva mondiale. L’Italia e la Spagna sono i maggiori consumatori di olio di oliva nell’UE, con un consumo annuo di circa 500 000 tonnellate ciascuna, mentre la Grecia registra il più grande consumo pro capite dell’UE, con circa 12 kg pro capite all’anno. In totale, l’UE rappresenta circa il 53% del consumo mondiale (1).
In media vengono prodotte circa 3 milioni di tonnellate di olio di oliva nel mondo ogni anno. L’Europa, come detto, ha il primato coltivando il 95% delle piante di olivo mondiale nel bacino del mediterraneo. I paesi europei leader nella produzione di olio di oliva sono: Spagna al 66%, Italia al 15%, Grecia al 13% e Portogallo al 5%.
Secondo Confagricoltura nel 2019/2020 c’è stato un ribasso delle quotazioni degli olii di oliva, in particolare l’olio extra vergine ha subito un calo del 45%. Il problema della crisi del mercato olivicolo degli ultimi anni è dovuto al mantenimento di alte produzioni e al mantenimento di minori utilizzi, portando, secondo un’ultima previsione, ad uno stock di quasi 830 mila tonnellate, praticamente il doppio degli stock medi delle ultime cinque campagne (2).
Il mercato italiano
L’Italia vede sempre più la competizione della Spagna, che possiede superfici di maggiori dimensioni e tipologie di allevamento più intensive. Come si evince dai grafici a confronto tra 2017 e 2019 le produzioni sono variate come segue: la Spagna ha visto un aumento dell’11%, l’Italia una diminuzione dell’8%, la Grecia un aumento del 2% e il Portogallo una riduzione del 2%.
Figura 2. Confronto 2017 (a sinistra)-2019 (a destra), principali attori del mercato olivicolo
Inoltre in Italia è stato stimato che il costo del lavoro sia 4 volte superiore alla Spagna, mettendo quest’ultima in una posizione privilegiata sulla base dei profitti aziendali.
Sempre citando il rapporto di Confagricoltura, “il costo di produzione italiano è difatti il più alto fra i principali paesi produttori europei ed è superiore a quello spagnolo del 43%” (cfr grafico sottostante) e che “secondo i dati del rapporto ISMEA 2018 il costo in agricoltura per addetto in Italia è 4mila euro più elevato che in Spagna così come l’incidenza degli oneri sociali è più alta nel nostro Paese rispetto ai competitor iberici”.
In questo scenario cos’è che può dare la spinta al mercato italiano? Sicuramente l’ammodernamento delle aziende e l’adozione di tecnologie che semplifichino il lavoro ed aumentino i profitti aziendali.
Ma non si deve solo a queste la riduzione delle potenzialità del mercato. Infatti le politiche e i fondi destinati a questo comparto sono ancora pochi se si vuole veramente avere una competitività internazionale costante, l’olivicoltura è un patrimonio ed è essenziale che le politiche permettano, ad esempio, di aiutare le aziende a produrre il giusto e ad essere pagate il giusto valore, monitorando ad esempio i ribassi e incentivando produzioni sostenibili, più di qualità che di quantità, aumentando così i profitti e migliorando anche il posizionamento del prodotto sul mercato.
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Fonte: 1) ec.europa.eu 2) Confagricoltura, 2020. Crisi di mercato dell’olio di oliva. Prime analisi e proposte di intervento.