Le cultivar più diffuse
L’olivo è sempre stato una pianta rappresentativa dell’ambiente mediterraneo e, come tale, ha ricevuto notevoli attenzioni nel corso dei millenni e dei secoli. Usato anticamente sia per fini alimentari, che per fini curativi e spirituali.
La storia dell’olivo è plurimillenaria, si conoscono alcuni resti di nocciolo, rinvenuti in Israele, che hanno un’età di circa 19.000 anni; in Italia e Spagna sono stati ritrovati resti di olivi selvatici risalenti a circa 6.000 – 8.000 a.C., molti altri reperti raccontano la storia di questa pianta.
Le varietà di olivo presenti attualmente sono frutto di sapienti incroci eseguiti con finalità specifiche, ad esempio per l’ottenimento di olive di maggiori dimensioni, o di minori dimensioni con aumento della concentrazione e qualità dell’olio, o, ancora per la tipologia di resistenza ai patogeni, alla carenza d’acqua e molto altro.
Il germoplasma, ossia il patrimonio genetico di una singola varietà, o cultivar in questo caso, rappresenta il la storia genetica della pianta, caratterizzandola sia dal punto di vista fisiologico che morfologico.
Dal 1900 sono iniziati gli studi sul germoplasma olivicolo, basati sulla caratterizzazione morfologica varietale creando diverse collezioni di varietà coltivate.
Sulla base di evidenze e della documentazione storica, archeologica e documentale, è stato possibile confermare che l’area mediorientale della Mezzaluna Fertile compresa tra Israele, Giordania, Libano e Siria, fino al sud-est della Turchia, in Iraq e nella parte occidentale dell’Iran, rappresenta il centro primario di domesticazione dell’olivo (Mariotti et al. 2016, Gesnard et al. 2013).
Le cultivar più diffuse
In Italia sono presenti circa 500 cultivar di olivo che rappresentano il 40% delle varietà mondiali.
Molte cultivar i sono affermate ed auto-adattate agli areali nei quali erano presenti, creando varietà tipiche di zone geografiche di piccole dimensioni e caratterizzando la diversità varietale nell’intero territorio nazionale.
Ovviamente la tipologia di adattamento dipende molto dalla zona in cui queste piante crescono, molte, come abbiamo detto, sono tipiche di areali olivicoli vocati se pur di piccole dimensioni; come sappiamo il Centro-Sud è ricco di aree geografiche adatte per la coltivazione di olivo, al Nord, invece, queste zone sono ridotte in numero e dimensioni a causa delle condizioni climatiche meno adatte alla produttività dell’olivo.
Tra le regioni del Nord Italia il Veneto rappresenta il maggior produttore di olive dove conta oggi circa 5000 ettari coltivati ad olivo, principalmente nelle aree collinari e pedemontane, compresi i colli Euganei e Berici. Tra le cultivar più diffuse in questa regione troviamo, oltre alla precedente, la Grignan, la Favarol, la Leccio del Corno, Brisighella ed altre.
Un’altra varietà molto famosa è la Casaliva, tipica della zona e coltivata in un’area stranamente vocata, il Lago di Garda, e dalla quale vengono estratti oli evo DOP.
Ancora nelle aree settentrionali il Friuli Venezia Giulia rappresenta un’altra regione con buona presenza di impianti olivicoli che si estendono fino al confine con la Croazia, qui le cultivar più rappresentative sono Bianchera (Belica), Buga, Carbona, Leccio del Corno.
Infine in Lombardia, vicino al Lago d’Iseo, viene coltivata una cultivar autoctona chiamata Sbresa, simile alla toscana Frantoio.
Di grande importanza e qualità, e riconosciuta a livello internazionale, troviamo la taggiasca, tipica oliva del ponente ligure, coltivata principalmente in provincia di Imperia.
Scendendo passiamo per il Centro Italia dove troviamo cultivar tipiche che si adattano a diverse condizioni climatiche e pedologiche.
Partendo dalla Toscana con le classiche cultivar come: Frantoio, Moraiolo, Leccino, Pendolino e Maurino, coltivate molto anche nel Nord del Lazio e nelle altre regioni centrali italiane.
Nelle Marche troviamo la l’Ascolana e la Rosciola; in Umbria la Dolce Agogia,Borgiona e Correggiolo. Nel Lazio troviamo la Itrana, la Caninese e la Carboncella oltre alle precedentemente dette.
In Campania troviamo cultivar come Rotondella, Biancolella, Ogliarola, Carpellese.
Approdando al Sud troviamo le cultivar che occupano gli areali di maggiori dimensioni; in Puglia sono presenti circa 50 Mln di alberi e, insieme alla Toscana, è la regione dove viene coltivato il maggior numero di cultivar da olio. Come sappiamo molti alberi sono stati interessati dalla epidemia di Xylella che ha decimato il patrimonio olivicolo di questa regione.
In Puglia troviamo cultivar come: Bella di Cerignola, Cellina di Nardò, Coratina, Grossa di Andria, Nociara,Ogliarola Barese, Ogliarola del Gargano, Ogliarola Salentina, Perenzana.
In Basilicata e Molise sono presenti sia cultivar tipiche pugliesi che cultivar più tradizionali. In Basilicata ricordiamo la Farasana, Fasolina e Maiatica; in Molise la Cellina di Rotello, la Gentile di Larino e l’Oliva di Colletorto.
Proseguendo verso la Calabria troviamo cultivar come: Carolea, Cassanese, Ottobratica, Tonda. Termiando con le isole troviamo in Sicilia: Biancolilla, Moresca, Nocellara Etnea e Tonda Iblea; e in Sardegna: Bosana, Nera di Gonnos, Nera di Oliena, Pizz’ e Carroga, e Tondo di Cagliari.
Qui sono state elencate alcune tra le più diffuse e coltivate. Molte rappresentano inequivocabilmente le tradizioni olivicole regionali, altre sono state testate e coltivate in areali diversi da quelli di origine dove però hanno trovato condizioni climatiche ottimali al loro accrescimento.
Bibliografia:
www.coltivazionebiologica.it
www.agraria.org/
https://www.frantoionline.it/
http://old.olimonovarietali.it/
www.lifegate.it
http://rsa.storiaagricoltura.it/
www.teatronaturale.it
www.olioofficina.it/