I vitigni autoctoni
Riprendendo quanto scritto nell’articolo relativo alle cultivar di vite, sappiamo che in Italia sono registrate 545 varietà di vite da vino e 182 varietà di vite da tavola. A livello internazionale i numeri superano le 1300 varietà (2019).
Diverse sono le tipologie di classificazioni esistenti, per quanto riguarda i vitigni da riscoprire ci baseremo sulla classificazione relativa all’origine geografica utile ad individuare i vitigni autoctoni.
In particolare quando parliamo di vitigni autoctoni parliamo di piante che sono nate e si sono sviluppate nei secoli in determinati areali geografici ed oggi sono le cultivar rappresentative di un determinato territorio. Inoltre il territorio in cui crescono si dice vocato se è particolarmente adatto alla coltivazione di una determinata cultivar. Nel caso degli autoctoni capita spesso che la cultivar autoctona di riferimento cresca con le sue massime potenzialità solo in quel territorio.
Vitigni da riscoprire e tutela
In Italia, come detto, sono numerosi i vitigni che nel tempo sono stati abbandonati e addirittura dimenticati in alcuni casi; ciò a causa soprattutto delle richieste di mercato verso vini più produttivi e che riuscissero a comprendere areali di maggiori dimensioni. Fortunatamente negli anni sono stati tutelati numerosi vitigni (e territori) permettendo di mantenere i vitigni tipici dei diversi areali e di riscoprire anche vitigni autoctoni persi nel tempo.
Di seguito ripercorrerò l’Italia da Nord a Sud andando alla ricerca di vitigni cosiddetti “reliquia” ossia vitigni antichi ed autoctoni che si stanno riscoprendo grazie al lavoro di appassionati e tecnici.
Esiste un testo legislativo, la Legge 238/2016 o Testo Unico del Vino dove all’art.7 comma 1, dove viene riportato quanto segue: “Lo Stato promuove interventi di ripristino, recupero, manutenzione e salvaguardia dei vigneti delle aree soggette a rischio di dissesto idrogeologico o aventi particolare pregio paesaggistico, storico e ambientale, di seguito denominati «vigneti eroici o storici»”.
Vitigni autoctoni per Regione
Partendo dal Piemonte possiamo citare il Bataruciat, recentemente riscoperto in Val di Susa e spostato nella zona del Monferrato alessandrino. Questo vitigno risulta essere molto resistente a siccità e alle malattie fungine; inoltre è molto produttivo anche in annate dove ha subito importanti stress.
Un altro vitigno piemontese è il Gamba Rossa o Gamba di Pernice; coltivato sempre in Monferrato, e a Saluzzo, in quest’area è noto come Neretto degli Alteni. Deve il suo nome al raspo che prima dell’invaiatura è di un colore rosso vivo e al fatto che lo stesso ricorda le zampe delle pernici che passano tra i vigneti in quella stagione. La sua epoca di maturazione va da fine settembre o inizio ottobre
Sempre al Nord, ma passando ad Est, arriviamo in Veneto dove troviamo, in zona Valdobbiadene, il vitigno Perera, conosciuto anche come “Pevarise”. Il nome deriva dal fatto che le bacche presentano un sapore molto particolare che ricorda la pera, secondo altre fonti è riferito alla forma a pera degli acini. In passato scomparve quasi totalmente in seguito agli attacchi di fillossera.
Un altro vitigno veneto è la Turchetta, utilizzato molto in passato nelle provincie di Padova e Rovigo e sostituito principalmente dai vini francesi ed italiani più produttivi. Oggi è in via di estinzione, solo pochi produttori stanno cercando di recuperarlo grazie soprattutto alle sue capacità viticole ed enologiche per produrre vini di rilievo. Resistente alla peronospora.
Scendendo in Emilia troviamo il Negretto, Negrettino o Maiolo. Agli inizi del ‘900 si contavano circa 20.000 ettari vitati a negretto ma anche qui l’avvento del mercato internazionale ne ha ridotto drasticamente l’areale. Veniva molto utilizzato per conferire robustezza ai vini. Resistente all’oidio.
Passando per il centro Italia troviamo
Scendendo andiamo ad Avellino dove troviamo il Grecomusc’ o Rovello Bianco, scomparso fino agli anni 2000. Il nome deriva dal fatto che l’uva veniva usata per tagliare il Greco, con il quale non ha parentele, e la bacca è molto grande cosicché la buccia cresce di più rispetto alla polpa, conferendogli un aspetto moscio, da qui Grecomusc’. Ciò porta anche ad una ridotta produzione di liquido che però viene controllata da chi la coltiva attualmente per ottenere comunque la massima produttività.
Terminando al Sud andiamo in Puglia e Sicilia.
In Puglia troviamo, tra i molti, il Minutolo; presente principalmente in Val d’Itria (Bari, Brindisi, Taranto, conosciuto anche come Fiano Minutolo e Moscatellina. Il primo da non confondere con il Fiano, molto differente, e il secondo per le sue proprietà aromatiche. Usato in passato per tagliare altri vini è stato abbandonato per la sua poca produttività, oggi vede nuovamente alcuni terreni dedicati dai quali si produce un vino molto aromatico, grazie anche ai nuovi metodi di vinificazione sempre più precisi ed attenti alla qualità.
Infine in Sicilia è stato portato avanti un importante progetto di ricoperta dei vini “reliquia”. Il progetto di ricerca è iniziato nel 2003 dall’Assessorato regionale all’agricoltura della Regione Sicilia.
Tra i numerosi vitigni citati nello studio uno dei più particolari è il Vitrarolo. Questo vitigno deve il nome ai suoi tralci che, in inverno, assumono un colore vitreo e sono molto delicati. Secondo la ricerca è il vitigno con le maggiori potenzialità, ad esempio ha una propensione all’invecchiamento di 30 anni circa.
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Bibliografia
https://www.vinosano.com/vitigni-reliquia-autoctoni-sconosciuti-pronti-a-tornare-a-nuova-vita/
https://www.civiltadelbere.com/i-primi-vitigni-reliquia-siciliani-iscritti-nel-registro-nazionale/, https://enotecainnusa.it/vitigni-reliquia-vini-siciliani-da-riscoprire/,
https://www.slowfood.it/slowine/un-vitigno-da-riscoprire/
https://piandellevette.it/it/novita-eventi/il-recupero-e-la-valorizzazione-dei-vitigni-autoctoni-veneti
https://www.worldwinepassion.it/site/i-profumi-della-storia-i-vitigni-reliquia-del-piemonte/ https://www.cittadelvino.it/articolo.php?id=MTEyMQ==